ll fantasma del Rinascimento nel corpo della contemporaneità: un’opera di Luciano Di Gregorio

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ll fantasma del Rinascimento nel corpo della contemporaneità: un’opera di Luciano Di Gregorio

Nel panorama dell’arte contemporanea, dove la citazione si mescola all’ibridazione e l’identità si dissolve nella molteplicità dei linguaggi, l’immagine proposta da Luciano Di Gregorio si presenta come un’opera densa, stratificata, e poeticamente inquietante. Una composizione digitale in bianco e nero che sovrappone, fonde e trasfigura due presenze titaniche dell’arte occidentale: Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti.

Un doppio spettro: tra Leonardo e Michelangelo

La sovrapposizione visuale mette in dialogo due archetipi: da un lato il volto enigmatico della Gioconda, il dipinto più discusso e decodificato della storia dell’arte; dall’altro, il corpo virile e plastico che richiama la scultura michelangiolesca, forse un David, ora reinterpretato come un moderno Adone tatuato, incoronato, vulnerabile.

Il volto, velato da screpolature che evocano i cretti dell’affresco antico, porta il peso del tempo e della memoria. La figura maschile, nuda e fiera, presenta un mosaico di tatuaggi dal gusto old school: teschi, rose, ancore, pugnali, cuori trafitti con la scritta “MOM”. Il corpo diventa un palinsesto, una carne che racconta, che si fa diario visivo del nostro tempo.

La corona e il simulacro

La corona posta sul capo, elemento tipico del potere iconografico classico, ironizza sulla regalità dell’arte e dell’artista. Il soggetto ritratto è insieme re e martire, bellezza e ferita, archetipo e profanazione. La sua carne tatuata trasforma il canone in anti-canone, spingendo Michelangelo verso il linguaggio della strada e Leonardo verso la cultura pop.

Di Gregorio gioca con la trasparenza e la stratificazione: l’effetto fantasmatico rende i confini tra figura e sfondo incerti, come se la storia dell’arte, pur sedimentata nei secoli, fosse sempre pronta a riemergere e a reincarnarsi nei corpi del presente.

Un’opera postumana e rinascimentale

Quest’opera non è né semplice omaggio né parodia, ma un atto critico e affettivo. Luciano Di Gregorio interroga la permanenza del Rinascimento in un’epoca postumana, dove i corpi sono ibridi, tatuati, ricombinati. La classicità non viene negata, ma attraversata. Michelangelo e Leonardo non sono più modelli irraggiungibili, ma presenze familiari, quasi compagni di un viaggio artistico nel nostro disincantato XXI secolo.

Conclusione

Il risultato è un’immagine che scuote e seduce, un’allegoria visiva che restituisce alla grande arte del passato una nuova carne, vulnerabile e potente. In questo corpo incoronato e segnato, Luciano Di Gregorio racconta l’eterna resurrezione dell’arte, la sua capacità di attraversare i secoli, di mutare pelle, ma mai di spegnersi. Una visione che è insieme elegia e rinascita, icona e critica.

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