É morto Sebastião Salgado: l’uomo che ha dato luce all’ombra del mondo

0
17

Sebastião Salgado: l’uomo che ha dato luce all’ombra del mondo

Un ricordo critico dell’opera fotografica di uno dei grandi testimoni del nostro tempo

Con la morte di Sebastião Salgado, il mondo perde non soltanto un fotografo, ma un coscienza visiva della nostra epoca. Scomparso a Parigi all’età di 81 anni, Salgado lascia un’eredità iconica, non solo per la bellezza estetica dei suoi scatti, ma per l’impronta etica e antropologica che ha saputo imprimere alla fotografia documentaria. La sua opera, intensa e radicale, ci costringe da decenni a guardare dove normalmente distogliamo lo sguardo: la povertà, la migrazione, la devastazione ecologica, ma anche la resilienza, la dignità e la sacralità della natura.

Una fotografia etica, non estetizzante

Salgado non ha mai fotografato per decorare pareti o compiacere gallerie. Il suo bianco e nero non è mai neutro o stilistico: è una scelta morale, un filtro che spoglia la realtà dell’effimero e restituisce l’essenziale. Nei suoi scatti non c’è il voyerismo della sofferenza, ma il peso della responsabilità. È stato un testimone partecipe, non un osservatore distaccato. Le sue immagini, spesso paragonate a dipinti caravaggeschi, colpiscono per la forza drammatica della luce, ma ancor più per la profondità dello sguardo: in esse il sublime convive con il tragico, l’umano con il cosmico.

Dall’economia alla fotografia: la scelta di un destino

Economista di formazione, Salgado ha abbandonato una promettente carriera per dedicarsi interamente alla fotografia. La sua formazione economica ha lasciato traccia nella sua opera: non nel linguaggio, ma nello sguardo sistemico, nell’attenzione alle cause strutturali delle ingiustizie sociali e ambientali. Non si è mai limitato a fotografare la miseria: ha voluto comprendere e mostrare le dinamiche che la generano. Così, le sue serie fotografiche — Workers, Migrations, Genesis — sono veri e propri affreschi dell’umanità globalizzata, che esplorano non solo i volti, ma le storie, i contesti, le ferite.

Il fotografo come pellegrino

Salgado è stato un pellegrino della verità, un viandante dell’umano. Ha attraversato il Sahel morente per documentare la carestia, è sceso nelle miniere d’oro del Brasile per testimoniare l’alienazione del lavoro, ha camminato tra i profughi del mondo per registrare l’esodo dei diseredati. Ogni progetto era una missione, ogni fotografia un atto di responsabilità. “Non sono un artista. Sono un testimone”, diceva con umiltà. Ma proprio in questo sforzo di fedeltà alla realtà risiede la sua grandezza artistica: Salgado è riuscito a far coincidere l’atto etico con l’atto estetico.

Un’arte che interroga

La fotografia di Salgado è arte che interroga. Non consola, non decora, non intrattiene. Chiede allo spettatore di mettersi in discussione. In un’epoca di immagini rapide e consumabili, le sue fotografie richiedono lentezza, ascolto, presenza. Si entra nei suoi scatti come in una cattedrale: in silenzio. La sua estetica non è mai gratuita: serve a fermare lo sguardo, ad approfondire, a capire. Salgado non documenta la realtà: la eleva a coscienza collettiva.

Genesis

: il canto della Terra

Negli ultimi decenni, con Genesis, Salgado ha rivolto il suo obiettivo alla natura incontaminata, al pianeta prima dell’uomo. È il suo testamento ecologico e spirituale. Dopo aver raccontato la fatica e la ferita dell’umanità, ha voluto restituire spazio al mistero della creazione, alla bellezza primigenia della Terra. In queste immagini il fotografo si fa mistico: non più solo testimone dell’uomo, ma custode della meraviglia.

Un’eredità incancellabile

Con la morte di Sebastião Salgado si chiude un capitolo fondamentale della fotografia del Novecento e del nostro tempo. Ma la sua opera rimane come una bussola morale e artistica. In un’epoca in cui tutto scorre veloce e tutto tende a perdersi, i suoi scatti ci ricordano che esiste ancora qualcosa che vale la pena guardare, comprendere e tramandare: la verità della condizione umana.

Salgado non ci lascia solo delle fotografie. Ci lascia uno sguardo. Un modo di abitare il mondo con rispetto, empatia e profondità. E questo, più di ogni altra cosa, è arte.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here